Dopo molti anni di ricerca e di scrittura, notomizzando parola per parola del testo originario, con l'innesto di centinaia di discorsi e dichiarazioni dello stesso Hitler, Stefano Massini ci consegna la sua biopsia del testo maledetto, un feroce distillato in cui la religione nazista di rabbia e paura, il culto dell'io e l'esaltazione della massa ci appaiono in tutta la loro forza di potentissimo d├йj├а-vu.
Scriveva Primo Levi che niente ├и pi├║ necessario della conoscenza per evitare il ripetersi della tragedia, soprattutto se essa prende forma lentamente nella progressiva seduzione delle masse. A un secolo di distanza da quando Adolf Hitler dettava il suo manifesto politico in una cella di Landsberg am Lech, quelle pagine sono diventate uno dei simboli del male assoluto, e come tali sottoposte all'anatema laico che ne ha fatto un libro proibito. Ma questo cono d'ombra, figlio di una freudiana rimozione, ha contribuito ad accrescerne la mitologia fino a quando, nel 2016, la Germania ha deciso di consentirne nuovamente la distribuzione in libreria proprio per smontarne la leggenda e percepirne gli echi nel presente, con la consapevolezza che niente pu├▓ distruggere l'orrore pi├║ del senso critico, e dunque la riconversione del mostro nei perimetri della realt├а. S├н, perch├й Mein Kampf ├и in fondo solo l'autobiografia di un trentacinquenne delirante alla ricerca di capri espiatori e di sfoghi esistenziali, con l'aggravante per├▓ di una spiccata propensione all'empatia, agli albori di un Novecento che nel carisma avrebbe eletto la propria apoteosi. Da questa formula, ripetibile e tuttora emulata a ogni latitudine, discende l'urgenza di confrontarci ora pi├║ che mai con un testo mai morto, capace di riproporsi sotto marchi e colori diversi soprattutto in un'epoca in cui la propaganda si ├и ramificata online, e ci raggiunge ormai capillarmente.