Cento poesie d'amore

Guanda
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Il lettore di Adonis, il maggiore poeta arabo che ha sempre più entusiastici consensi anche in Italia, si troverà in questo libro di fronte a cento poesie d’amore scritte in un arco di tempo breve e dalla formidabile compattezza stilistica e di ispirazione. La lezione dell’Oriente si manifesta nella fiducia senza enfasi che l’amore, il corpo d’amore, il canto d’amore siano ancora materia di poesia, e rappresentino una via per la conoscenza del mistero. E Adonis raccoglie qui i frutti della sua tradizione poetica e spirituale nel vedere corpo e anima, carne e spirito, umano e divino fondersi in una sintesi piena di energia creante. Continue metafore germogliano e dicono al lettore che le membra di chi ama sono vascelli naviganti, che la bocca dell’amata è luce e che nessun fulgore «è degno dei suoi orizzonti», che i corpi degli amanti sono pianeti o polvere, e che un ombelico di donna è una «gaia ninfea». L’insistenza sul tema della corporeità, versi come «corpo mio sognante innamorato» richiamerebbero Kavafis, non ci fosse in Adonis una minor attenzione al piacere in quanto tale, e una coscienza metafisica più dolente. Il lettore troverà poi in questi versi il tentativo supremo della grande poesia di ogni tempo, quello di definire l’amore: Adonis vede come componenti essenziali dell’amore amarezza, pianto, odio, sofferenza, tormento («la cosa più bella di te sono le lacrime»), lo sente come straniero, radice di ogni follia, nemico e insieme «solo amico»: un sentimento più grande di quanto l’abbia immaginato, più lontano di quanto l’abbia pensato, l’unico che consente di «diventare una via per l’infinito». Visionarietà, ricerca sapienziale, energia mitica si compenetrano. Ulisse, con il suo carico di esilio, si affaccia nelle immagini di questo libro: ma la presenza di maggior rilievo è quella di Orfeo, straziato dalle Baccanti, capace di ammansire le fiere col canto, che con la sua omologa mesopotamica Ishtar insegna al poeta la discesa e il segreto della risalita «sulla scala degli inferi». Dopo tanto vagabondare e tanta fatica, il poeta d’amore ora alza i suoi splendidi canti per la propria fanciullezza, per non credere alla propria vecchiaia: che vuol dire, anche per i lettori e la loro delizia, non credere nella vecchiaia della poesia e in quella del mondo. Giuseppe Conte

About the author

Ali Aḥmad Sai‘īd Esber, questo il vero nome di Adonis, è uno dei più importanti poeti e intellettuali del mondo arabo. Nato in un villaggio siriano nel 1930 da una famiglia di origine contadina, ha compiuto gli studi universitari a Damasco, laureandosi in filosofia. Successivamente si è trasferito a Beirut, dove ha lavorato come insegnante e giornalista. Ora vive a Parigi. La sua opera è stata insignita di numerosi premi letterari, in Francia, in Italia, in Turchia e in Libano. Nel 2002 gli è stato conferito il premio «Ennio Flaiano» per la letteratura, sezione poesia. Nelle edizioni Guanda i suoi libri di poesia: Memoria del vento, Cento poesie d’amore, Storia lacerata nel corpo di una donna, Singolare in forma di plurale, La foresta dell’amore in noi e Prendimi, caos, nelle tue braccia. Guanda ha pubblicato anche le raccolte di saggi La preghiera e la spada, La musica della balena azzurra, Oceano nero e i pamphlet Violenza e islam e Profezia e potere.

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